Manca poco all’inizio di “Terra Madre – Salone del gusto” e cresce ora dopo ora l’attesa per una manifestazione che quest’anno per la prima volta abbandona il polo fieristico per andare incontro alla gente nella città di Torino e nei suoi luoghi simbolo. Il tema di questa edizione è Voler bene alla terra a partire dal recupero della centralità delle comunità del cibo. Cosa vuol dire Voler bene alla terra? Significa prima di tutto, parafrasando Carlo Petrini, presidente di Slow Food, coltivare e custodire l’ambiente oltre che risolvere le disuguaglianze economiche ed ecologiche.
Dal 22 al 26 settembre comunità di contadini, pescatori, artigiani, allevatori e cuochi ci mostreranno i propri saperi e le particolarità delle proprie produzioni.
Sono oltre 500 i Presìdi Slow Food attivi nel mondo allo scopo di salvaguardare dall’estinzione antichi mestieri e tecniche di lavorazione. Tra questi ne abbiamo selezionati 10.
1. Uvetta abjosh di Herat. Provenienza: Afghanistan
Terza in ordine di grandezza tra le province afghane, Herat si trova nella parte occidentale del Paese. La città vanta un notevole patrimonio architettonico ed è stata per lungo tempo un importante centro scientifico e artistico con una ricca tradizione di musica, calligrafia, pittura, astronomia e filosofia. Herat da sempre è nota per la produzione di un’uvetta di straordinaria qualità e per le numerose varietà di uva coltivate da più di 500 anni (oltre 120). La storia dell’uva di Herat è avvolta dal mistero, ma si crede che già attorno al 2000 a.C. fosse coltivata da una popolazione nomade presente nell’Asia Centrale all’epoca.
Il Presidio valorizza il tradizionale metodo di lavorazione dell’uva e preserva le varietà locali. Molti produttori hanno smesso infatti di coltivare le vecchie cultivar a favore di uve più comuni, ma meno pregiate.
2. Noce di barù. Provenienza: Brasile
Il Cerrado, tipica macchia di vegetazione che ricopre gran parte del Brasile centrale, ha caratteristiche simili alle savane africane e australiane, seppure con una maggiore biodiversità e rigogliosità. Tra le sue numerose varietà vegetali si trova il barù (Dipterys alata Vox), leguminosa arborea di grandi dimensioni, il cui frutto matura tra settembre e ottobre e contiene una mandorla dal sapore delicato: la castanha de baru.
La castanha può essere tostata, acquisendo così un sapore simile alle arachidi o alle noci di anacardio, o usata al naturale in dolci tipici a base di zucchero di canna e latte, come il pé-de-moleque e la paçoquinha. Dalla noce di barù, inoltre, si può estrarre un olio alimentare e medicamentoso, ottimo sia come aromatizzante dei piatti locali sia come antireumatico. Di alto valore nutritivo e dal ricco contenuto proteico, la noce di barù può conservarsi per circa tre mesi. Il Presidio si propone di migliorare la gestione delle comunità e le tecniche di trasformazione e conservazione della castanha de baru, potenziando le infrastrutture per la lavorazione del prodotto, e di affiancare le comunità nella promozione del barù a livello locale e internazionale.
3. Pomodoro rosa di Kurtovo Konare. Provenienza: Bulgaria
I pomodori rosa di Kurtovo Konare si consumano freschi, ma si adattano egregiamente anche alla trasformazione in conserve, tra cui spicca la lyutenitsa – a base di pomodori e peperoni e conosciuta in tutta la Bulgaria. Si tratta di una varietà semi-precoce, adatta alla produzione in campo o in serra. I semi si tramandano di generazione in generazione: raccolti dai migliori esemplari, sono poi seminati a fine gennaio e inizio febbraio a Kurtovo Konare e nei vicini villaggi di Novo Selo, Joakim Gruevo e Trivodici. La cultivar locale, inoltre, è anche minacciata dalla coltivazione di varietà straniere con rendimenti più elevati e più adatte al trasporto.
L’avvio del Presidio rientra fra le attività del progetto ESSEDRA, co-finanziato dall’Unione Europea per mezzo di DG Enlargement, promosso da Slow Food con l’obiettivo di accompagnare il processo di integrazione in Europa dei Balcani e della Turchia, attraverso un rafforzamento della società civile e della sua capacità di influenzare le politiche e promuovere modelli di sviluppo rurale sostenibile.
4. Cacao porcelana della Sierra Nevada de Santa Marta. Provenienza: Colombia
La Sierra Nevada de Santa Marta è la montagna più alta della Colombia: la vetta raggiunge i 5775 metri sul livello del mare. E’ un massiccio montuoso che si affaccia sul Mar dei Caraibi, separato dalla cordigliera delle Ande, ed è abitato prevalentemente da comunità indigene come i kogi, gli arhuacos e i wiwa e, nelle parti più basse, da comunità meticce e afro-discendenti. La Sierra è caratterizzata da una grande abbondanza di acqua, fornita in larga parte dalle nevi perenni che imbiancano le sue cime, e la vegetazione è prevalentemente costituita dal bosco tropicale secco. Durante gli anni Ottanta e Novanta, l’area era un importante centro per le coltivazioni illecite come la coca e la marihuana, oggi in gran parte sostituite grazie a programmi statali e della cooperazione internazionale.
Il Presidio, sviluppato in collaborazione con Ifad e la Ong colombiana Corporación Pba, intende riscoprire le migliori piante di cacao porcelana della Sierra e riprodurle nella Sierra Nevada in un sistema agroforestale, in cui il cacao è coltivato nella foresta con altri alberi (selvatici o no) e ortaggi.
Il Presidio intende aiutare i produttori a migliorare le tecniche di post-raccolta e di trasformazione per produrre e commercializzare grani di cacao di alta qualità e tavolette di cioccolato a base di cacao porcelana, panela biologica (succo di zucchero di canna solidificato e macinato) e altri ingredienti locali di organizzazioni di produttori della Sierra Nevada.
5. Vino in anfora georgiano. Provenienza: Georgia
La Georgia è uno dei luoghi di domesticazione della vite, forse il più antico. Tale radicamento storico è testimoniato dalla presenza in quest’area relativamente piccola di decine e decine di vitigni autoctoni la cui storia si perde nella notte dei tempi. Dalle varietà saperavi, vanis chkhaveri, otskhanuri sapere e dzelshavi si ricava ottimo vino rosso mentre il vino bianco si ottiene dalle uve rkatsiteli, tsiska, tsolikouri, krakhuna, mtsvane kakhuri e mtsvane khikhvi. La tecnica di vinificazione è molto particolare: grandi anfore di terracotta sono interrate per consentire prima la fermentazione e poi l’affinamento dei vini, sia bianchi sia rossi. Lo scopo del Presidio è aiutare i produttori a realizzare un vino imbottigliabile e commercializzabile, dotandoli di strutture elementari di vinificazione e di stoccaggio. Oggi I produttori del Presidio stanno ampliando le proprie aziende, recuperando vigneti abbandonati in precedenza. Inoltre, per aumentare la sostenibilità del progetto, è stata avviata la produzione della chacha, un distillate locale ottenuto dale bucce di uva di varietà diverse.
6. Formaggio di yak dell’altopiano tibetano. Provenienza: Cina
Situata al centro di una grande distesa ovale, sull’altopiano del Qinghai-Tibetano, la prefettura di Golok in alcune sue parti è così pianeggiante che le tende dei nomadi coperte con la lana di yak si possono scorgere a miglia di distanza. A 4500 metri sul livello del mare, la distesa erbosa dei pascoli – straordinariamente verdi per essere a queste altitudini – è interrotta da bassi arbusti fioriti e dalle schiene curve degli yak. Oltre a questi animali dal folto pelo bianco e nero, si possono scorgere soltanto capre, pecore e numerose aquile in volo. Gli yak pascolano nel pianoro e nelle profonde vallate attorno alla contea di Maqin, nella prefettura di Golok, e costituiscono la risorsa principale dei pastori nomadi tibetani, fornendo carne e latte per l’alimentazione, lana per teli e tende, infine sterco essiccato utilizzato come combustibile. Il latte si beve fresco o è trasformato in yogurt, ma il prodotto più apprezzato a base di latte di yak (o per la precisione di dri, nome della femmina) è senza dubbio il burro, che si mangia solitamente fresco, ma si mantiene a lungo. Il burro è tradizionalmente usato per aromatizzare il tè, preparato con tè in foglia, burro di yak e sale.
Per valorizzare la qualità straordinaria del latte di dri ricchissimo di sostanze aromatiche, e per offrire un reddito migliore ai pastori, è nata quindi l’esigenza di sperimentare un formaggio a media-lunga stagionatura che non tema tempi dilatati di trasporto.
7. Patate andine della Quebrada de Humahuaca. Provenienza: Argentina
La Quebrada de Humahuaca si trova al centro della provincia di Jujuy, in prossimità del confine settentrionale argentino. Attraversata dal Rio Grande, questa regione va dai 1800 ai 3800 metri sul livello del mare. La sua ricchezza di ecosistemi ha consentito lo sviluppo di numerose specie e varietà vegetali, selezionate e salvaguardate dal paziente lavoro delle popolazioni locali. È il caso di molte varietà di patate e di mais, ma anche della kiwicha, della quinoa, della oca e della papa lisa, specie dimenticate sin dal tempo dei conquistadores o addirittura proibite, perché considerate piante sacre dai nativi e dunque indicate dagli occidentali come pericolose fonti di superstizione.Oggi le colture andine rappresentano una risorsa inestimabile: come patrimonio genetico, ma anche per le potenzialità economiche.
I prodotti andini della regione vengono serviti dalle famiglie dei produttori stessi in un ristorante allestito presso la sede della cooperativa, e gli usi e costumi della regione sono raccontati nel “Museo della vita contadina della Quebrada”. Cauqueva sta inoltre partecipando alla creazione di una rete di cooperative del nordovest argentino che intendono gestire insieme l’accesso al microcredito per i produttori e la commercializzazione dei prodotti della zona sui mercati delle grandi città argentine. Recentemente è stata inaugurata nella periferia di Buenos Aires “La Casa de Cauqueva”, uno spazio nel quale vengono commercializzati i prodotti della cooperativa e organizzati eventi culturali.
8. Vecchie varietà di mandorle di Bostanlyk. Provenienza:Uzbekistan
Nell’Uzbekistan settentrionale, al confine con Kazakistan e Kirghizistan, si trova la valle di Tchatkal, attraversata dall’antica via della seta che collegava l’Asia con l’Europa. Proprio quest’area è il centro di domesticazione di numerose cultivar di mandorle tra cui, senza dubbio, quelle che hanno generato le varietà consumate attualmente in tutto il mondo. Ancora oggi sul territorio del paese si trovano mandorli sia allo stato selvatico sia coltivati. La situazione attuale è critica poiché gli antichi boschi di mandorli selvatici sono stati pesantemente compromessi da abbattimenti massicci per la vendita del legname.La progressiva deforestazione dell’area ha causato una forte riduzione di biodiversità che interessa non soltanto il mandorlo, ma anche altre specie. Ultimamente, le autorità forestali, in collaborazione con i produttori del Presidio, hanno messo a punto un programma di conservazione del patrimonio genetico del mandorlo selvatico.
9. Sale di Baleni. Provenienza: Sudafrica
Nell’area municipale di Greater Giyani, dichiarata “Natural Heritage Site” per la ricchezza del suo ecosistema, esiste una fonte di acqua termale dalla quale le comunità indigene tsonga – secondo una tradizione ancestrale – estraggono un sale considerato sacro. La raccolta del sale avviene nei mesi invernali, perché durante l’estate le piogge ingrossano il Letaba e il suo flusso è troppo irruento. La terra che ribolle, l’odore di zolfo e l’acqua calda e mineralizzata che sgorga dalla sorgente caratterizzano questo luogo sacro sin dall’Età del Ferro.
Regole millenarie e imperscrutabili si ripetono a ogni estrazione. Solo le donne hanno accesso al luogo e tutte le loro mosse (ogni singolo passo e movimento) sono governati da una lingua segreta, indecifrabile ai più. Un rito che si compie nella stessa maniera da 2000 anni. Durante l’inverno il livello dell’acqua nella palude si abbassa e sulla sponda appena scoperta si forma una crosta bianca di sale misto a terra. Le donne raccolgono questa crosta e la mescolano con la sabbia del fiume per ammorbidirne la consistenza. Nel frattempo, costruiscono una vasca (di legno, terra e fango) provvista di un foro (che viene riempito di sterpaglie ed erbacce). A questo punto collocano il sale misto alla sabbia nella vasca e la riempiono con acqua di fiume. Le erbacce stipate nel foro trattengono la sabbia e lasciano filtrare solo l’acqua salata, che viene raccolta in un recipiente e fatta bollire sul fuoco fino a quando non raggiunge una consistenza simile al porridge. In questa fase è importante una supervisione costante, perché se il sale brucia, è completamente rovinato. Al termine tolgono la pentola dal fuoco e la lasciano raffreddare. Infine, modellano a mano il sale umido in forma di cono e lo fanno asciugare al sole.
Il prodotto finale ha un alto contenuto di minerali ed è molto apprezzato per il suo sapore. In passato era destinato al consumo familiare, al commercio con i vicini, oppure ai guaritori.
10. Salmone sockeye del fiume Okanagan. Provenienza: Canada
Il salmone sockeye (nome scientifico Onchorhychus Nerka) del fiume Okanagan è stato un cibo di primaria importanza per la popolazione syilx e, da sempre, ha occupato un posto centrale nelle tradizioni culturali e negli scambi tra le tribù indigene di questa popolazione, il cui territorio si estende dal distretto Southern Interior della Columbia Britannica allo stato di Washington negli Stati Uniti, lungo il fiume Okanagan e i suoi affluenti, fino a dove incontra il fiume Columbia.
Il Presidio supporta questa attività su tre livelli: ambientale, socioculturale ed economico. Innanzitutto appoggia la lotta delle popolazioni indigene del fiume Columbia per la protezione di questa specie simbolo e il conseguente restauro dell’ecosistema della valle. Questo impegno comprende anche un lavoro profondo per il ripristino della cultura e della dignità delle popolazioni indigene. Il Presidio sostiene il diritto alla sovranità alimentare di questi popoli indigeni e valorizza il loro ruolo di custodi del fiume e degli esseri viventi che lo abitano. Infine, favorisce nuove strategie di promozione e di vendita del salmone sockeye attraverso la sperimentazione di ricette e preparazioni innovative, per creare microeconomie funzionali alla vita delle comunità indigene.
Fonte: www.fondazioneslowfood.com