The Brutalist, diretto da Brady Corbet, rappresenta un’eccezione rara nel panorama cinematografico, un film in cui l’architettura non è solo il contesto, ma una parte integrante della narrazione. La pellicola, che racconta la storia dell’architetto fittizio László Tóth (interpretato magistralmente da Adrien Brody), non è solo un viaggio attraverso l’arte e il design, ma anche un’esplorazione profonda di ambizione, trauma e resilienza. Con il suo stile audace e la sua narrazione emozionante, The Brutalist è una delle opere cinematografiche più significative degli ultimi anni.


Brutalismo: uno stile crudo, potente ed emotivo

L’architettura brutalista, caratterizzata dall’uso di materiali grezzi e forme essenziali, è spesso associata a esperienze viscerali e primordiali. Lo stile rifiuta ogni ornamento superfluo, creando spazi che sfidano il comfort e pongono gli abitanti di fronte alla nuda verità dell’ambiente costruito. Questa stessa essenza è presente in The Brutalist, che trasforma il brutalismo in un linguaggio cinematografico per esplorare le complessità della vita e della creazione artistica.

Come ha sottolineato Adrien Brody, il protagonista del film, il personaggio di Tóth incarna una lotta tra il desiderio di creare qualcosa di eterno e il peso di un passato doloroso. Questo dualismo è al centro del film, che usa l’architettura come metafora per esaminare l’ambizione e il trauma.

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La trama: arte, trauma e sopravvivenza

The Brutalist, presentato in anteprima al Festival del Cinema di Venezia 2024, segue László Tóth, un architetto ungherese di origine ebraica sopravvissuto all’Olocausto. Dopo aver perso tutto in Europa, Tóth emigra negli Stati Uniti, dove lotta per trovare il proprio posto in una società che spesso lo discrimina. Il suo talento viene scoperto da Harrison Lee Van Buren (Guy Pearce), un magnate industriale che gli commissiona la progettazione di un grande centro culturale chiamato “Institute”. Questo progetto monumentale, ispirato al brutalismo, diventa sia il suo più grande trionfo artistico sia un riflesso doloroso dei traumi subiti durante la guerra.

Nonostante l’apparente centralità dell’architettura, il film esplora temi più ampi, come la resilienza umana e la ricerca di significato in un mondo frammentato. La sceneggiatura, scritta da Corbet e Mona Fastvold, e la colonna sonora di Daniel Blumberg, insieme alla scenografia di Judy Becker, creano un’esperienza cinematografica immersiva che riecheggia la monumentalità delle opere brutaliste.

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L’approccio visivo e simbolico

Judy Becker, scenografa del film, ha creato un immaginario architettonico che riflette il genio e le cicatrici interiori di Tóth. L’Institute, il centro culturale progettato dal protagonista, è ispirato a elementi del Bauhaus e del brutalismo, con richiami agli iconici architetti Marcel Breuer, Louis Kahn e Paul Rudolph. Tuttavia, Becker ha evitato di copiare riferimenti diretti, preferendo inventare uno stile che rispecchiasse l’evoluzione personale e professionale di Tóth.

Un esempio della profondità simbolica del design è il cappella dell’Institute, in cui la luce forma una croce visibile solo da specifici punti di osservazione. Questo dettaglio richiama i ricordi dell’infanzia di Becker e la capacità dell’architettura di trasmettere significati nascosti. Anche gli spazi interni, con soffitti bassi e passaggi stretti, sono stati progettati per evocare il senso di oppressione e confino vissuto da Tóth.


Un film che va oltre l’architettura

Nonostante il titolo e l’enfasi sul design, The Brutalist non è un film sull’architettura. È piuttosto un film che utilizza l’architettura come strumento per esplorare il peso dell’ambizione e le cicatrici del passato. Le opere di Tóth, benché fittizie, sono rappresentazioni potenti della lotta tra la necessità di creare e il peso emotivo del ricordo.

La pellicola sfida lo spettatore a confrontarsi con queste dualità. Come ha detto Becker: “Non vedi l’intero edificio nel film, ma l’ho progettato come una struttura completa. Ogni dettaglio doveva avere un senso, anche se non mostrato.”

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Una riflessione sul potere della creazione

The Brutalist è un’opera cinematografica che celebra il potenziale dell’arte e del design per plasmare la nostra comprensione del mondo. Come il brutalismo stesso, il film è divisivo, audace e indimenticabile. Non è un semplice tributo all’architettura, ma un’indagine sul significato più profondo della creazione e sulle storie che ogni grande opera porta con sé. Per chi è disposto a immergersi nella sua visione, The Brutalist lascia un segno duraturo, proprio come le opere architettoniche che lo hanno ispirato.