Nel mondo è in atto una rivoluzione: il modo di fare business è cambiato. Sharing Economy? Settore privato, investimenti e tecnologia. Gli esempi? Uber, BlaBlaCar, AirBnB.
Una visione basata sulla condivisione dei beni sta riempiendo delle nicchie di mercato. Il capitale che viaggia libero per i mercati mondiali non fa soltanto sfaceli in borsa. Gli spazi tra il valore di possedere qualcosa e quello di poterlo semplicemente utilizzare si stanno riducendo.
Elon Musk, imprenditore geniale inventore di Tesla, sostiene che entro 15 anni, quasi nessuno avrà un auto di proprietà. Su questa convinzione, alcuni geniali imprenditori hanno fondato degli imperi economici che hanno cambiato le nostre vite.
Ma andiamo con ordine. Sharing Economy, è un concetto antico che viene riproposto in chiave moderna. Chiamato anche Consumo Collaborativo, si basa, come preannuncia il nome, sulla condivisione.
Le origini del termine risalgono al 1978, quando Marcus Felsone e Joe L. Spaeth pubblicarono sull’American Behavioral Scientist un articolo intitolato Community Structure and Collaborative Consumption: A routine activity approach.
A quei tempi il Consumo Collaborativo, la Sharing Economy, rappresentava un modello economico poco più che teorico. Bisognerà attendere l’arrivo degli anni 2000 perché cominci a concretizzarsi. Con il passare del tempo, infatti, la collettività ha cominciato ad essere più sensibile a problematiche ambientali. Riduzione dell’inquinamento e risparmio di energia, hanno messo in secondo piano la volontà di possedere un determinato bene. L’importante è poterne fruire.
Condivisione di auto, bici, case, vacanze, uffici, denaro, cibo, e molto altro! L’innovazione è una costante che crea e ridefinisce le opportunità di business. La realtà della condivisione si concretizza e si ridefinisce giorno per giorno.
Facebook, Twitter, eBay, Etsy. Pochi esempi della miriade di aziende diventate multimiliardarie grazie ad una semplice idea: condividere informazioni e beni.
Uber ad esempio. Una società con sede a San Francisco che grazie alla sua App permette di richiedere e fornire passaggi in auto a chi ne ha bisogno. Dove? In ben 402 città del mondo. Un semplice software per mettere in contatto passeggeri e autisti e il gioco è fatto. Gli spostamenti in città non sono mai stati così semplici.
Ma le critiche sono state molte. Attività tradizionali come taxi e trasporti pubblici si sono sentite minacciate a tal punto da scendere in piazza. Il 26 Gennaio 2016 è andato in scena il grande ‘sciopero anti Uber’. Tassisti di tutto il mondo uniti nel combattere la concorrenza ‘sleale’ del colosso americano. Risultato? Attualmente il servizio di Uber è bloccato in molte città. Un vero peccato visti i costi ridotti e la qualità dei servizi offerti.
Rimanendo sempre nell’ambito dei trasporti, non si può non menzionare Blablacar. Un sistema di car sharing permette di offrire e ricevere passaggi tra privati da una città all’altra. Grazie ad un sistema di reputazione online si può essere – quasi – sicuri di non fare brutti incontri durante il viaggio. Gli altri vantaggi? Viaggi piacevoli, economici, eco-sostenibili, e l’opportunità di conoscere persone nuove con cui condividere i propri interessi.
Se invece non voleste in nessun modo inquinare l’ambiente, vi ricordo che molte città offrono un servizio di bike sharing per i propri cittadini. In questo modo nessuna emissione di CO2 e un fisico più scolpito per tutti.
Ma la condivisione non si limita al trasporto. E’ possibile affittare letti o divani con il BedSharing, o intere case con AirBnB, o ancora uffici e sale riunioni grazie a ShareDesk. Per un giorno, una notte, un’intera vacanza o una giornata lavorativa, le soluzioni che si presentano sono molte.
Come è possibile tutto questo? Semplice, la tecnologia.
Piattaforme digitali all’avanguardia che mettono in contatto milioni di persone. Si possono condividere beni, passioni, esperienze, conoscenze – praticamente tutto. Internet e la Rete danno voce a quello che prima era un semplice consumatore. Egli diventa parte attiva e integrante del mercato, raggiungendo così nicchie prima scoperte e sfruttando risorse altrimenti inutilizzate, ma utilizzabilissime.
Piuttosto che servizi sostitutivi a quelli tradizionali sarebbe forse il caso di leggerli come servizi aggiuntivi.
I vantaggi? Risparmio economico, riduzione degli sprechi, riduzione dell’inquinamento. Senza contare i benefici per chi fornisce il servizio e per chi ne fruisce, nonché la riscoperta di fiducia negli altri.
Non ci sono limiti a questo modello, l’importante è tenere a mente le parole d’ordine: sostenibilità e condivisione!!!
http://www.biciincomune.com/progetto.asp