In botanica è definito Solanum lycopersicum, gli Aztechi lo chiamarono xitomatl, ma più comunemente è definito “oro rosso”. Stiamo parlando del pomodoro, il superfrutto ricco di sostanze antiossidanti e protagonista dell’export italiano. Che sia usato sotto forma di passata, di pelati, di salsa o di concentrato, il pomodoro è a tutti gli effetti un alimento universale. Per saperne di più siamo andati con la redazione di Made in Italy a trovare Bruna Saviotti, AD della Tomato Farm, azienda del Gruppo GAVIO che trasforma mediamente 1500 tonnellate al giorno di pomodoro appena raccolto, grazie alle coltivazioni limitrofe allo stabilimento. L’azienda produce ed esporta i cosiddetti semilavorati: polpe, passate, semiconcentrati e concentrati a diverso grado Brix che vanno dritte dritte sui mercati italiani e stranieri.
Dottoressa Saviotti che tipo di filiera ha la Tomato Farm?
La Tomato Farm segue direttamente, attraverso i suoi tecnici, tutta la filiera produttiva.
Si parte dalla messa a dimora del seme in serra
Si consegnano le piantine alle aziende agricole per la fase di messa a dimora in campo
Si seguono azienda per azienda le fasi di trapianto e il corretto radicamento delle piantine per poi concordare la fase finale di raccolta.
Da questo momento in poi avviene il confezionamento direttamente in linea nel quale il prodotto viene sterilizzato e inserito in sacchi asettici. Da qui il prodotto è pronto per essere venduto. Per noi è fondamentale il rispetto dei cicli del terreno, infatti rotiamo non facendo stancare i terreni. Il pomodoro nello stesso campo ci va una volta ogni 4/5 anni. Un anno pomodori, un anno cereali e poi 2/3 anni di colture da rinnovo fra le quali le leguminose: quali erba medica, soja e pisello proteico che arricchiscono i terreni. Il concetto di avvicendamento e rotazione colturale ha lo scopo di ricostituire la forza vecchia perduta con il succedersi delle colture sullo stesso terreno in modo da mantenere fertilità del terreno.
Questa ricostituzione della fertilità agronomica del terreno, avveniva facendo riposare il terreno di un certo numero di anni attraverso la pratica del maggese. La tecnica del maggese, seguita dalle lavorazioni al fine di mantenere inalterata la fertilità del terreno, ha dominato gli ordinamenti colturali italiani fino alla metà del 1800. Oggi questo non è più possibile farlo ma l’inserimento delle leguminose consente di ottenere lo stesso risultato.
Che tipo di differenza c’è tra il vostro prodotto e quello del Sud Italia? Al Nord produciamo passate, cubettati, semiconcentrati e concentrati di tutti i tipi. Al Sud la priorità è sicuramente il pomodoro pelato.
In quali paesi del mondo è possibile trovare la Tomato Farm?
La Tomato esporta in Europa, Africa, Asia e Nuova Zelanda. Un piccolo lavoro appena iniziato negli Stati Uniti. Oggi lavoriamo per l’ 80% semilavorati per il settore industriale e 20% HORECA e retail. L’obiettivo per i prossimi anni è quello di far crescere proprio l’HORECA.
Quali sono in paesi competitor per il vostro export? Sicuramente la Spagna e il Portogallo. La Spagna è forte produttrice di concentrati, ma è presente anche sul mercato delle polpe. Tra i competitor bisogna tenere sempre più in considerazione il ruolo che giocheranno i paesi dell’Est con particolare riferimento all’ Ucraina che sta crescendo in modo importante.
Quanto ci costano i dazi e i falsi made in Italy?
Tanto. La stessa Coldiretti ricorda che i dazi cinesi sull’import Usa colpiscono numerose categorie “dal pomodoro ai formaggi, dal mais al grano, dallo yogurt al burro, dal riso alla carne di maiale e di manzo, fino a pollame, pesce, nocciole e frutta e verdura come arance, patate, asparagi, melanzane. Ad esempio l’Australia è ritornata sui suoi passi relativamente alla decisione presa di applicare dazi sulle importazioni di pomodoro dall’Italia come misura antidumping. Tale applicazione era stata motivata dagli effetti distorsivi prodotti dagli aiuti PAC erogati agli agricoltori italiani.
Insomma un mondo complesso quello del pomodoro. Tuttavia sul fronte degli scambi commerciali l’Italia primeggia, oltre la metà del nostro export (53%) finisce in appena 5 mercati: Germania, UK, Francia, USA e Giappone, mentre il rimanente 47% si disperde ai quattro angoli del pianeta. Con 1,53 miliardi di euro di conserve di pomodoro esportate nel 2015, l’Italia emerge su tutti anche se questa leadership si sta erodendo a causa della crescita della Cina e anche degli USA che crescono più di tutti nell’export. Un grazie alla Tomato Farm per averci aperto i suoi stabilimenti e un grazie a Bruna Saviotti che ci ha raccontato i dettagli più interessanti di quello che è un mondo fatto di tanti scogli e anche tante soddisfazioni.