Professore ordinario di Tecnica e Pianificazione Urbanistica all’Università Iuav di Venezia, Anna Marson è stata fino a pochi mesi fa assessore all’Urbanistica, pianificazione del territorio e paesaggio in Regione Toscana. E’ suo il merito di avere promosso, redatto – e soprattutto fatto approvare – la prima legge regionale in Italia contro il consumo di suolo (L.R. 65/2014) ed il Piano paesaggistico regionale, pianificato insieme al Ministero dei beni culturali e frutto di una dura battaglia con chi cercava di svilirne e limitarne la portata rivoluzionaria. Il suo impegno e la sua tenacia le sono valsi il Premio “Una Mimosa per l’Ambiente”, consegnatole il 5 marzo scorso a Parma dall’Associazione donne ambientaliste ADA Onlus.
Durante il nostro incontro ci ha raccontato il suo percorso professionale e politico e le abbiamo chiesto cosa ne pensa della parità di genere.
Scheda personale
Canzone preferita: “Summertime”, cantata da Ella Fitzgerald, con l’accompagnamento di Louis Armstrong.
Tre cose che odi: sentirmi impotente di cambiare qualcosa che ritengo ingiusto o sbagliato; veder distruggere i nostri paesaggi; le narrazioni ipocrite riferite alla sfera pubblica.
Tre cose che ami: fare cose che riescono bene; andar per paesaggi, e dare il mio contributo a mantenerli; incontrare persone con cui condivido aspetti importanti del mio modo di essere.
Femminilità vuol dire… imparare ad apprezzare la propria differenza, e coltivare l’empatia, innanzitutto nei confronti del proprio genere; aver cura del benessere, di chi ci sta vicino ma anche, più in generale, di coloro con cui interagiamo e ai quali è indirizzata la nostra attività; la consapevolezza della necessità di “fare i conti” con la natura, e con i suoi processi.
Chi è per te una Donna Alfa? Una donna indipendente, coraggiosa e fiduciosa, nelle proprie capacità e negli altri.
Le tre cose più importanti nella tua vita: sentirmi libera di perseguire ciò che ritengo utile e interessante, e disporre delle condizioni che mi consentono di farlo; condividere la mia vita con persone con le quali posso avere scambi emotivi, intellettuali e spirituali proficui; vivere in luoghi nei quali la civiltà dello stare insieme come collettività sia tuttora presente, e il fatto di essere donna non sia a rischio di subire alcuna violenza, né materiale né simbolica.
Quale è stata la molla che ti ha spinto ad affrontare l’impegno come politico ed amministratore?
La consapevolezza che, pur essendo non solo lecito ma doveroso chiedere alle istituzioni di garantire buone politiche, è fondamentale che ciascuno di noi si impegni a fare la propria parte per cambiare in meglio le cose, anche interagendo con le istituzioni e stimolandole a fare meglio.
Pertanto, quando mi hanno chiesto (è accaduto due volte, a distanza di molti anni, in due contesti non proprio facili per il compito che mi attendeva), di assumere il ruolo di assessore, non me la son sentita di tirarmi indietro, e anche se i rischi di insuccesso erano elevati, ho ritenuto di dover provare a dare il mio contributo, provando a promuovere politiche diverse, senza altre aspettative se non quella di raggiungere gli obiettivi di innovazione che mi ero prefissi.
Il mio impegno “politico” è peraltro sempre stato legato alla “molla” che quarant’anni fa, quando finito il liceo ho dovuto decidere che cosa fare, mi ha spinto a studiare urbanistica, un corso di laurea nuovissimo, per la volontà di impedire lo scempio del territorio che vedevo prendere forma quotidianamente davanti ai miei occhi. Con il trascorrere degli anni ho capito che impedire questo scempio non era così semplice, richiedendo un impegno caparbio e continuo, il più delle volte controcorrente rispetto ai partiti politici.
Nella tua esperienza politica, il fatto di essere una donna credi abbia costituito una marcia in più o in qualche occasione sia stato d’ostacolo?
La prima volta che sono entrata in un ruolo politico, nel 1988 come assessore provinciale a Venezia, sono stata chiamata a un anno e mezzo dalla fine del mandato con un compito ben specifico: portare a termine il Piano territoriale provinciale. A tal fine, erano stati chiesti dei nomi all’Università, e in quella circostanza credo che il mio genere non abbia segnato una differenza specifica. Venezia è una città nella quale come donna non mi sono mai sentita discriminata. D’altronde, forse non a caso, quella che viene ricordata come la prima donna laureata al mondo (nel 1678) era veneziana.
Nella giunta regionale toscana penso invece di essere entrata, nel 2010, soltanto grazie al fatto di essere donna. Le spesso vituperate “quote rosa” non necessariamente garantiscono la qualità della presenza femminile, ma danno comunque alle donne delle chances che altrimenti non avrebbero. Nel mio caso, nel 2010 la Regione Toscana aveva scelto di garantire una presenza di donne in giunta pari alla metà degli assessori, e gli assessorati assegnati alle donne comprendevano deleghe importanti (oltre alle mie, la sanità, l’ambiente, la vicepresidenza, la cultura e il commercio). Dopo di che nel contesto toscano, pur essendoci molte donne capaci in ruoli importanti, e un patrimonio di cultura etrusca nella quali le donne avevano almeno pari diritti degli uomini, il potere è prevalentemente maschile, e si esprime spesso in forme, anche linguistiche, piuttosto maschili.
Più in generale, se il fatto di essere donna abbia rappresentato una marcia in più, o una forma d’ostacolo, faccio fatica a trovare risposte univoche. Anche perché, se il genere è un dato di natura, la sua consapevolezza è una conquista che richiede un certo lavoro! Alla mia età, senza dubbio, rappresenta una marcia in più se si riesce a coltivare il nostro genere come modalità di apertura al mondo, di ascolto multidimensionale di ciò che ci sta intorno, di complicità empatica con le nostre simili…
Quali sono le tue aspettative sulla generazione dei ventenni con i quali sei costantemente a contatto insegnando all’università?
Per le nuove generazioni senza dubbio la questione di genere si pone in modo molto diverso dal passato, anche se per molte ragazze l’assenza di modelli femminili di riferimento analoghi a quelli maschili dei loro coetanei alla lunga costituisce tuttora una limitazione alle loro potenzialità.
La parità di genere in Italia è ancora lontana: dal tuo punto di vista quali sono gli interventi che porterebbero davvero a una parificazione uomo donna?
Innanzitutto servizi collettivi che non scarichino esclusivamente sulle donne, come di fatto avviene nella grande maggioranza dei casi, le attività di cura dei bambini e degli anziani. In secondo luogo, una effettiva parità di genere, come viene applicata in altri stati europei, per tutte le candidature a posizioni di lavoro in enti pubblici, in società che comunque fruiscono di contributi pubblici, sono quotate in borsa o si avvalgono di un profilo di responsabilità sociale.
Dicono che dietro a un grande uomo ci sia sempre una grande donna: vale naturalmente anche il contrario. Chi c’è dietro Anna Marson?
Ho un marito con una forte personalità, che tuttavia in questi cinque anni nei quali ho svolto il ruolo di assessore regionale mi è stato di grande sostegno, morale e intellettuale.
Tuo marito e la tua famiglia ti hanno sempre sostenuta durante la tua carriera?
Sì, con convinzione. Anche se ponendo dei limiti temporali e di merito ai miei ruoli pubblici, ovvero accettandoli solo a fronte di obiettivi all’altezza del sacrificio richiesto.
Cosa suggeriresti a una giovane donna che si affaccia oggi alla vita, per riuscire a prenderne le redini realizzando pienamente se stessa?
Coltivare la conoscenza di se stessa, e perseguire con tenacia ciò che la appassiona e rispetto al quale ha talento e capacità sufficienti, senza abbandonare la speranza di poter cambiare in meglio il mondo con la propria esistenza.
Conclusa l’esperienza nel governo toscano, c’è qualche nuovo progetto che ti sta appassionando?
Oggi, oltre al mio ruolo universitario, sto vivendo una bellissima esperienza di lavoro nella segreteria tecnico scientifica dell’Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio del Mibact, realizzatasi grazie all’incontro con due donne particolarmente interessanti e di valore, Ilaria Borletti Buitoni (sottosegretario Mibact con delega al paesaggio) e Angela Barbanente (professore all’Università di Bari, per dieci anni prima assessore e poi vicepresidente della Regione Puglia).
L’esperienza mi sta dunque insegnando quanto sia interessante fare rete, fra donne che condividono valori e capacità analoghe e/o complementari in campi specifici dell’agire collettivo. Di recente abbiamo anche sviluppato un progetto di ricerca fra più università italiane, sui temi del paesaggio, coordinato tutto da donne. Chissà se ce lo finanzieranno!
Come ti vedi tra dieci anni?
Sono restia a sfidare il destino pretendendo di vedermi di qui a dieci anni, e sapendo dire anche in quali condizioni mi troverò!
Posso provare a ipotizzare che sarò probabilmente alle soglie della pensione (se esisterà ancora qualcosa del genere), in una università fortemente ridimensionata (i trend attuali indicano una fortissima riduzione dei docenti – i pensionamenti sono soltanto in minima parte sostituiti da nuovi ingressi – e anche degli studenti, benché l’Italia sia uno dei Paesi con meno laureati del mondo occidentale) e in un globo sempre più in crisi, per ragioni demografiche, ambientali e geopolitiche.
Mia madre poco prima di ammalarsi e morire rapidamente mi diceva: ma ti rendi conto che ho settantacinque anni? Gli altri vedono questi anni, ma io non riesco a sentirmi così vecchia, nella mia testa sono quella di sempre!
Io tra dieci anni, se ci sarò ancora, avrò quasi settantanni: mi muoverò un po’ meno di ora, avrò un fisico e una memoria più deboli, compensati mi auguro da più tempo a disposizione per leggere, scrivere, e in generale concentrarmi soltanto sulle cose che riterrò importanti. La vecchiaia, se la sorte sarà benevola, avrà questo di positivo, quello di concedermi la scelta delle cose cui dedicare le energie rimaste, coltivando ancora ciò che ho di positivo…
Marina Maffei