L’Iri ha recentemente pubblicato dei dati inaspettati in merito all’andamento del settore food. Mentre vediamo la pasta, alimento più saziante e più italiano per eccellenza, in flessione in casa, ma in crescita nelle esportazioni, prodotto che insieme al pane tocca i 2,2 miliardi di euro, al contrario il settore dolciario grazie alla sua funzione consolatoria arriva ai 7 miliardi. Più precisamente vincono le creme spalmabili e le marmellate, con +4,8% di crescita annua 2013.
«I cali non sono allarmanti – rassicura Cosimo Rummo, ad del Pastificio Rummo – ma oramai i consumatori fanno la spesa con il volantino in mano. Il mercato è maturo e combattuto. Per noi le promozioni rappresentano un sacrificio sui margini ma che sosteniamo per attraversare questo momento difficile».
Si legge da un interessante articolo di Emanuele Scarci de Ilsole24ore di qualche giorno fa, che all’estero il trend dei mercati è molto diverso: “Nel primo bimestre l’export è aumentato, secondo l’Istat, del 12% a 352 milioni per la pasta e dell’11% a 492 milioni per dolciari e forno. Una forbice tra mercato interno ed estero che si spiega soltanto con il crollo del potere d’acquisto delle famiglie italiane e il mutamento delle abitudini alimentari (meno pasta ma anche meno carni rosse). Oggi l’export di pasta arriva al 55% e quella dei dolciari al 22%. La voglia di fare di più all’estero è sempre più evidente anche con il comparto vincente in casa : le imprese di punta sono già avanti nel processo d’internazionalizzazione. Il gruppo Ferrero International, per esempio, fattura circa 7,8 miliardi, di cui 2,55 miliardi della consociata italiana (che esporta per 749 milioni). Un dato consolidato molto vicino agli 8,3 miliardi di euro della divisione confectionery del gigante mondiale Nestlé.
La multinazionale della Nutella ha messo sul piatto oltre 400 milioni per rafforzamenti produttivi e nuovi stabilimenti in Turchia e Messico. Anche Barilla ha una forte vocazione all’internazionalizzazione: nell’ultimo bilancio, chiuso con 4 miliardi di ricavi, oltre il 55% è stato realizzato all’estero. Dopo la cessione della tedesca Lieken il fatturato scenderà intorno ai 3,2 miliardi ma l’ad Claudio Colzani punta a raddoppiare nel giro di 8 anni, grazie anche a uno shopping di aziende. Che, presumibilmente, partirà dal Brasile”.
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