I cambiamenti economici degli ultimi anni, la crisi di alcuni settori strategici e la tendenza delle corporate ad unirsi in gruppi sempre più strutturati, hanno profondamente modificato il mercato dell’industria a livello internazionale.
Il mercato mondiale è suddiviso in quattro grandi regioni ed è con questa ridefinizione geografica che le aziende devono fare i conti.
Questo è vero in generale per molti settori ma lo è ancora di più in un settore strategico come quello dell’automotive, dove non esiste più un semplice mercato nazionale ma in cui gli obiettivi e le strategie vanno sempre pensate globalmente:
Il mercato è globale e richiede produttori globali.
E’ una considerazione doverosa soprattutto in un contesto strategico e particolare come quello dell’automotive torinese, che ha visto progressivamente allontanarsi il più grosso player di riferimento. Tuttavia le eccellenze che hanno portato le auto italiane nel mondo sono ancora qui.
Per parlare di questo abbiamo incontrato Fabrizio Bergui, vice Presidente dell’azienda Step, società di progettazione specializzata nel settore automotive e in attività da più di 25 anni.
“Per la realtà italiana la nostra è un’azienda ben strutturata ma possiamo essere considerati medio piccoli all’interno del contesto europeo. Per collaborare con i grossi player bisogna avere caratteristiche adeguate. Oggi è necessario predisporre di finanza idonea per poter supportare i tuoi clienti di riferimento anche nelle regioni strategiche. Questo perché solo in Italia le pmi rappresentano il 95% del mercato, mentre in Europa il mercato è gestito dai grandi gruppi”.
Le pmi italiane soffrono quindi di una condizione di nanismo per imporsi a livello internazionale, qual è dunque la soluzione per essere presenti nel mercato globale di oggi?
“Se non hai le caratteristiche necessarie per stare sul mercato globale, l’unica soluzione è fare network strategico. Per noi rimane ancora fondamentale il rapporto con il più grande produttore italiano, che essendo al contempo globale e glocale, è stato da noi osservato regolarmente. Abbiamo quindi cercato di prendere come riferimento alcune sue soluzioni, applicandole alla nostra realtà”.
In un’ottica di ricerca della competitività a livello internazionale dunque, il network, o altre forme di aggregazione, si rivelano una necessità, più che una scelta.
“Si, per questo motivo siamo disponibili ad approfondire anche dei processi di acquisizione, che portano con sé un piano industriale, caratterizzato da obiettivi nazionali e parimenti internazionali.”
Aggiungiamo che l’imprenditoria italiana inoltre risente anche di una situazione politico/legislativa che non garantisce una grande flessibilità. In termini operativi questo si traduce in una maggiore difficoltà ad adattarsi al mercato.
Anche in questo caso il network e la collaborazione tra aziende risulta essere l’unica chiave vincente, e quando una rete di impresa non esiste bisogna crearla, come ha fatto Step che ha creato un network di imprese più di 10 anni fa e da allora continua a raccoglierne i risultati, sfruttando anche la flessibilità dovuta dal fatto di essere un’impresa relativamente medio piccola.
Oltre ai già citati 25 anni di attività, l’azienda vanta di un team di manager consolidato impegnato nel gestire al meglio più di 350 dipendenti e una solidità finanziaria che gli permette di agire sul contesto internazionale.
“Abbiamo raggiunto una sorta di internazionalità tascabile” continua Bergui, “che ci permette di investire all’estero come follower dei nostri clienti di riferimento e contestualmente di ampliare la collaborazione con altri partner. Investimenti effettuati soprattutto nella regione Latam e nell’area Turca, per aprire la porta verso il medio oriente.
Su altri paesi invece abbiamo accordi quadro con società italiane, soprattutto con quelle del settore del design dell’auto, presenti nelle aree dove il Gruppo STEP non è attivo. Questo grazie al fatto che il brand made in Italy è ancora riconosciuto all’estero come punta di diamante del design”.
Vista la capacità di adattarsi continuamente alle sfide future una domanda su come vede il futuro dell’auto: ” Sicuramente vivremo tre sfide fondamentali nel prossimo futuro: l’elettrificazione spinta dei veicoli, la guida autonoma delle vetture e la trasformazione del veicolo da proprietà privata a servizio condiviso.
Tuttavia dubito che il futuro sarà al 100% nell’elettrico, che dopotutto deve ancora fare i conti con il problema dello smaltimento delle batterie.
Una società di ingegneria come la nostra sull’elettrico deve continuare ad investire valorizzando e ampliando il concetto di partnership”
Per questo Step sta mettendo a fattor comune le migliori tecnologie e caratteristiche del territorio assieme ad altre aziende che sviluppano tali contesti da quando sono iniziati i primi studi. Ma per fare questo è fondamentale investire su un altro asset strategico, quello della ricerca e sviluppo e per fare questo è fondamentale la collaborazione con gli enti formativi, nel caso di Step il Politecnico di Torino.
“Per noi la ricerca e lo sviluppo è stata un asset fondamentale negli ultimi anni. E’ un’attività strategica che ci consente di progettare il futuro e quindi aumentare le competenze di tutti i nostri professionisti”.
L’esempio è quello delle vetture few-off (serie limitate) che realizzate in gran parte in carbonio e alluminio, necessitano della conoscenza approfondita dei materiali, delle loro caratteristiche tecniche e delle loro performance, know how che deve essere implementato regolarmente con un’attività costante di ricerca e sviluppo.