E’ morto a 89 anni il papà della Nutella, la crema di nocciola che ha conquistato il mondo. L’imprenditore italiano, piemontese e albese, se ne è andato dopo mesi di malattia, dopo aver guidato per tutta la vita il più grande gruppo dolciario al mondo dopo la Nestlè.
Ferrero è Kinder, Rocher, Bueno, ma soprattutto Nutella. Riservato, piemontese fino al midollo, Michele Ferrero non ha mai concesso un’intervista a un giornale. Di più, quasi non esistono sue fotografie.
Seguiva di persona ogni cambiamento nella formula del suo Sacro Graal, la crema al cioccolato e nocciola più famosa e più buona del mondo.
E’ impossibile parlare di Michele Ferrero senza parlare della Nutella, cui il suo nome resterà legato per sempre. L’origine della Nutella è legata al cioccolato Gianduia, che contiene pasta di nocciole. Il Gianduia prese piede in Piemonte nel momento in cui le tasse eccessive sull’importazione dei semi di cacao lo resero una merce preziosa. Per “tagliare” il cioccolato vennero inventate tante miscele e, più o meno intorno al 1865, venne inventato il Gianduiotto, il cioccolatino alla nocciola tipico della zona. A seguito dell’aumento delle tasse, un po’ tutti si erano adeguati, mescolando le nocciole al cioccolato. Pietro Ferrero, il padre di Michele, era un pasticcere di Alba, nelle Langhe, area nota per la produzione di nocciole.
Era il 1946 l’anno della vendita il primo lotto da 300 chili di “Pasta Giandujot”, come si chiamava allora la Nutella, venduta in blocchi da taglio. Non era ancora una crema, quella sarebbe arrivata nel 1951, con l’aggiunta di conservanti vegetali e la vendita in grandi barattoli. Si chiamava Supercrema.
La data di nascita della Nutella è il 29 aprile del 1964. Michele Ferrero, entrato nella ditta del padre Pietro, aveva deciso di rinnovare la Supercrema, con l’intenzione di commercializzarla in tutta Europa. La combinazione era cambiata, l’etichetta e il nome pure. Venne scelto un nome internazionale, derivato dall’inglese (Nut vuol dire nocciola) e venne aggiunto il suffisso ELLA per renderla più orecchiabile. Il prodotto ebbe un successo immediato, un successo che si è allargato a tutto il mondo.
Oggi la Nutella è la crema spalmabile più diffusa al mondo. I dati riportati nell’ultimo rapporto dell’Ocse dichiarano che ne vengono prodotte 350 mila le tonnellate ogni anno, e ha definito la crema un prodotto esemplare nell’economia di globalizzazione. Sono 9 le fabbriche al mondo che producono Nutella e sono distribuite in tutti i continenti, così come gli ingredienti utilizzati vengono da ogni parte del mondo.
La ricerca dei nuovi prodotti, l’attenzione ai clienti, soprattutto alle donne, la diffidenza per i manager, che cambiava spesso, l’estrema riservatezza. Sono molti gli scorci, le prospettive con le quali si può ricostruire il personaggio. L’imprenditore, l’industriale paternalista, come lo amavano descrivere i sindacati, è stato una persona capace di prendersi cura dei propri dipendenti costruendo un un welfare aziendale che si occupava di tutto, dalla sanità al dopolavoro.
Le fabbriche delle grandi città assumevano agricoltori cattolici e ne facevano operai comunisti, lui mandava a prendere i contadini dell’Alta Langa con i pullman che li portavano in fabbrica e li riportavano al podere la sera; il lavoro nei campi d’estate e nella fabbrica di cioccolato d’inverno ha evitato lo spopolamento delle colline, e ha reso ricca la terra delle nocciole e dei tartufi.
I fondatori dell’azienda erano Pietro, suo padre, che si occupava della pasticceria, e Giovanni, suo zio, che seguiva i mercati. Lui ha chiamato i figli Pietro, affidandogli la produzione, e Giovanni, affidandogli le vendite. Dovevano essere loro a ereditare la guida dell’azienda, ma a farlo ora c’è soltanto Giovanni, perchè suo fratello Pietro è morto nell’aprile 2011, in Sudafrica, mentre andava in bicicletta.
Nel Natale 2013, nell’incontro aziendale, aveva raccontato a braccio la storia dei suoi esordi
La prima volta che entrai in una panetteria-pasticceria per vendere la crema alle nocciole che faceva mio padre, il negoziante mi chiese brusco: “Cosa vuole?”. Non ebbi il coraggio di offrirgli il prodotto. Comprai due biove di pane e uscii. Andò così in altri due negozi. Nel quarto lasciai la merce in conto vendita. Tornai il giorno dopo: l’avevano venduta tutta».
Il suo testamento spirituale e imprenditoriale resta nella frase con cui aveva concluso il suo discorso all’azienda e ai dipendenti, a fine 2013.
«Possiamo essere orgogliosi della nostra storia. Abbiamo un debito con questa terra. La fabbrica resterà qui».
Amen.