Made in Italy è andata ad intervistare Giorgio Gatti, Presidente di Ouverture, associazione nata allo scopo di creare lavoro facendo impresa sociale.
Laureato in Economia, Giorgio Gatti è stato Direttore Generale del CEFOR, Direttore del Personale e Organizzazione in aziende di respiro internazionale quali, tra le altre, Ferrero e Peugeot. Successivamente ha ricoperto l’incarico di Direttore Generale della Provincia di Torino e di Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera S.Croce e Carle di Cuneo. Ha sviluppato alcuni rilevanti progetti nell’ambito dei sistemi valutativi dirigenziali e della comunicazione, in particolare in ambito sanitario.
Giorgio quando e come è nata Ouverture? O. nasce nella primavera del 2012 per iniziativa di un gruppo di amici che decidono di dar vita ad una Impresa Sociale, strutturata come Associazione, adottando uno Statuto che prevede il rispetto della democrazia anche nelle regole che ne definiscono le modalità di governance ed al contempo esprime la volontà di sperimentazione e di innovazione che unisce i suoi fondatori.
Qual è lo scopo dell’Associazione? In estrema sintesi è il Lavoro. Aiutare il prossimo a trovare o creare lavoro, per sé e per gli altri, attraverso l’ideazione, l’elaborazione e la realizzazione di progetti o, meglio ancora, avviando e gestendo una nuova impresa. I destinatari della nostra attività erano inizialmente i giovani, perché si parlava molto ( e lo si fa ancora oggi) delle difficoltà che in questi anni le giovani generazioni incontrano ad entrare nel mondo del lavoro. Abbiamo però rapidamente capito che occorreva ampliare la fascia di età, perché i cinquantenni espulsi dal sistema produttivo sono purtroppo tuttora in aumento ed hanno bisogno di aiuto quanto e, a volte, più di un neo laureato. Il lavoro non è soltanto il mezzo per avere uno stipendio o una qualche forma di reddito, è dignità, è parte importante dell’immagine che una persona ha di sé stessa e che comunica agli altri. La consapevolezza di questo valore fa sì che, noi fortunati, che il lavoro l’abbiamo avuto ed anche con una certa facilità, ci poniamo oggi un problema di restituzione, sentiamo cioè il dovere di restituire agli altri un po’ della nostra fortuna.
Che cos’è il welfare sussidiario? E’ un welfare, una creazione di benessere, che applica il principio della sussidiarietà orizzontale, che prevede cioè. un coinvolgimento dei cittadini nella progettazione e nel dimensionamento della gestione del bene comune e quindi dei servizi sociali. Una programmazione e progettazione dal basso, fortemente indirizzata dai bisogni e dalla conoscenza del “territorio”.
Quali sono i progetti a cui state lavorando? Stiamo lavorando con una impostazione che abbiamo definito “per macro-progetti”, cioè progetti di larga scala che indirizzano le competenze e finalizzano le attività connesse e che, al contempo, orientano e danno la possibilità ai cittadini di un territorio di predisporre progetti coerenti con altri e con le caratteristiche dell’ambiente economico e sociale nel quale vivono.
Oggi i macro progetti sono quattro:
a. “Agroalimentare e turismo di nicchia”a Lanzo – un progetto che si basa anche sull’apertura di un centro “coworking/incubatore” a Lanzo
b. “Welfare integrativo” ad Alba – su cui si sta lavorando ad una fase di ricerca finanziata dalla Fondazione CRC e che presenteremo per il finanziamento all’UE insieme a partner come l’Unione dei Comuni della Langa e Roero
c. “Palestra della salute” a Biella – per la gestione della palestra prevista nel nuovo Ospedale di Biella
d. Formazione in sanità con la tecnologia Multitracks (l’unico a non avere un territorio ma un settore, quello della salute, come riferimento)
Quali sono le difficoltà che avete incontrato rispetto al “Sistema italiano”? Tante: in primo luogo la mancanza di risorse finanziarie e la difficoltà di reperirne anche quando si richiede il finanziamento di iniziative che tutti dichiarano di condividere e di apprezzare. Poi le resistenze e le barriere derivanti dalla burocrazia, diffusa ormai non soltanto nella pubblica amministrazione; il clima sociale di questi anni, sempre più caratterizzato da tensioni e da tendenze depressive che certamente non favoriscono il nascere di iniziative imprenditoriali, così come il prevalere di una cultura individualista e corporativa ostacola la cooperazione e l’organizzarsi in reti.
Quali sono i punti di forza del vostro capitale umano? L’eterogeneità per competenze ed esperienze: i nostri soci provengono dal pubblico come dal privato, dalla Ricerca piuttosto che dall’Università, dall’Energia piuttosto che dalle Banche, dal Manifatturiero come dalla Sanità. Sono giovani professionisti e pensionati, manager e tecnici, liberi professionisti e docenti provenienti da territori spesso diversi. Insomma portano conoscenze e capacità molto diverse. Hanno però in comune un grande ottimismo e la volontà di aiutare gli altri ed anche questi sono due importanti punti di forza. Aggiungerei ancora la capacità di fare rete e di mettere a disposizione di Ouverture la propria rete di conoscenze e contatti. Arriviamo quasi dappertutto e quasi sempre accompagnati da una buona immagine!!
Quali sono le tre parole chiave del vostro lavoro? La prima non può che essere apertura, non a caso ci chiamiamo Ouverture; la seconda potrebbe essere innovazione, perché le cose scontate e risapute, anche se più facili non ci piacciono; la terza potrebbe essere impresa, perché abbiamo scelto di essere un’ “impresa sociale” e perché tra le nostre principali finalità vi è l’assistenza allo start up, nella quale dovremmo essere in grado di trasmettere ad altri il coraggio, l’iniziativa e la visione che chiunque voglia avviare un impresa (e quindi anche noi) dovrebbe possedere.
Come vede Ouverture tra 5 anni? Sempre più ricca di esperienze e di risultati, con tante nuove società nate dall’impresa sociale “mamma” e con tanti nuovi soci tutti più giovani di me!! Però sarebbe più corretto dire che, più che vederla, io la sogno così.